REFERENDUM COL BATTIQUORUM … ANCORA UNA VOLTA                                   

Com’è noto l’8 e 9 giugno si vota per dei referendum: deve crescere assolutamente la consapevolezza della posta in palio, non solo attraverso l’impegno a recarsi al seggio, ma anche con un’approfondita conoscenza dei loro contenuti. Infatti molti ritengono importanti i quesiti referendari, ma pochi finora si dicono disposti a votare, forse non abbastanza convinti. Certamente il sostanziale silenzio di telemeloni non aiuta, sicché a oggi la propensione al voto sfiora appena il 40% (dati IPSOS).

Ma di che si tratta? Votiamo per “deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge” (a.75 della Costituzione), dunque referendum abrogativi, ben cinque come stiamo per vedere: un esercizio di democrazia diretta che interviene sull’attività legislativa delle Camere contestandola al punto da chiedere la soppressione di leggi in essere. L’obiettivo è da sempre difficile perché lo stesso articolo 75 fissa 2 condizioni per conseguirlo: se partecipa alla votazione “la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi”.

Ne viene il famoso battiquorum, che tante volte in passato ci ha lasciato a bocca asciutta; d’altra parte la legge, di cui si chiede l’abrogazione, fu approvata dalla maggioranza più uno (almeno) dei nostri rappresentanti in Parlamento e così deve essere anche quando la si vuole cancellare, e francamente il disposto mi sembra logico e coerente.

In attesa di modifiche al citato a.75, di cui si sta discutendo (e allora basterebbe per la sua revisione solo l’approvazione “della maggioranza dei voti validi” senza quorum – a.138 della Costituzione) per ora ognuno usi tutti i mezzi possibili per informarsi e informare per una cosciente partecipazione al voto: impresa ardua, è vero, data purtroppo la disaffezione crescente al voto, ormai cronica, ma vale la pena accettare la sfida della maggioranza governativa, che si affida e fa propaganda per l’astensione e per vincere facile.

Vediamo allora insieme, al di là del testo che troveremo stampato sulle 5 schede elettorali, necessariamente tecnico-giuridico, le questioni affrontate: molto concrete e legate alla nostra vita, che qui cercheremo di capire meglio per giustificare la nostra scelta forte e chiara per il .

Premetto che quattro referendum riguardano il lavoro e sono stati promossi dalla Cgil conoltre 4 milioni di firme per sostenerli, il quinto è sulla cittadinanza proposto da +Europa, Possibile, P. S. I., Radicali, Rifondazione Comunista e associazioni della società civile.

Aggiungo inoltre che per ogni quesito ci sarà una diversa scheda elettorale e il quorum verrà calcolato separatamente per ognuno: ciò significa che alcuni quesiti potrebbero raggiungere il quorum e produrre effetti, altri no.

Allora, due quesiti sono contro i LICENZIAMENTI ILLEGITTIMI, per il ripristino del DIRITTO AL LAVORO, sempre.

Il primo (scheda color verde chiaro) chiede l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti prevista dal Jobs Act dal 2014: secondo la normativa oggi in vigore chi viene licenziato illegittimamente ha diritto soltanto a un proporzionato indennizzo economico ma non ad essere reintegrato nel posto di lavoro. 

Se vincerà il dunque verranno eliminate le disposizioni che consentono al datore di lavoro, se si tratta di un’azienda con oltre 15 dipendenti, di riconoscere a chi viene licenziato in modo ingiustificato solo una compensazione economica e non il reintegro. Si tornerebbe pertanto all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, che prevede un sistema di tutele differenziate in base al tipo di illegittimità del licenziamento (con il reintegro in alcuni casi). In sintesi, l’abrogazione di tale norma ripristinerebbe la possibilità di rientrare in azienda nel caso in cui il giudice dichiari illegittimo il licenziamento.

Il secondo quesito, che troveremo sulla scheda color arancione, riguarda l’abrogazione parziale dell’articolo 8 della legge del 1966, che disciplina i licenziamenti individuali nelle piccole imprese. Oggi quelle con meno di 15 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo, possono erogare al dipendente solo sei mensilità di risarcimento. La vittoria del abrogherà questa disposizione e lascerà al giudice il compito di determinare il giusto risarcimento, senza fissare alcun limite, specie se l’interruzione del rapporto viene reputata ingiustificata.

Occupiamoci ora del terzo quesito contro il PRECARIATO, per il LAVORO A TERMINE CON CAUSALI (scheda color grigio).

Si chiede di abrogare alcune parole dell’articolo 19 del d. lgs. 81 del 2015, uno dei decreti attuativi del Jobs act: pertanto saranno cancellate le norme che permettono di stipulare contratti a termine senza una causaleOggi la normativa non prevede limitazioni per contratti a termine fino a 12 mesi: l’obiettivo è dunque quello di favorire la stabilità occupazionale rendendo sempre obbligatorio giustificare la necessità di un contratto precario invece di uno a tempo indeterminato, spiegandone i motivi (stagionalità, progetto specifico, bisogno temporaneo).

Il quarto quesito (scheda color rosso rubino) è contro le MORTI BIANCHE, per la SICUREZZA SUL LAVORO.

Ricordiamo che finora, maggio 2025, sono già 220 le vittime del lavoro, mentre nel 2024 sono morte 1481 persone, dato in crescita se consideriamo che, secondo l’Osservatorio di Bologna, nel triennio precedente si registrano 2960 lavoratori caduti. Questi decessi comprendono sia infortuni in occasione di lavoro, sono la maggioranza, che in itinere, e i settori più colpiti sono l’edilizia, il trasporto e il magazzinaggio.  Con la vittoria del verranno soppresse alcune norme che limitano la responsabilità delle aziende in materia di prevenzione degli infortuni. L’intento è quindi quello di rafforzare le tutele per i lavoratori, aumentando le misure preventive e le attribuzioni dei datori di lavoro. Si estende di conseguenza la responsabilità del committente a tutti i danni che il lavoratore subisce nel caso di infortuni, cancellando alcune limitazioni previste invece dall’attuale normativa, come nel caso del subappalto, che oggi libera da ogni responsabilità il committente principale: non sarà più così, finalmente.

Ricapitolando, oggi nel nostro Paese il lavoro è malpagato, precario, non dignitoso, non sicuro, soprattutto nei settori stagionali del terziario (turismo e commercio) e dell’edilizia.                     La nostra è un’economia povera, di un Paese in declino: in questo contesto così difficile, frammentato e insicuro, i referendum dell’8 e 9 giugno hanno lo scopo di ripristinare un modello di società più giusta o almeno più equa, e di rimettere il lavoro al centro del progetto politico e istituzionale del Paese.

Veniamo ora al quinto referendum contro le lungaggini politico-burocratiche, per ottenere la CITTADINANZA ITALIANA in tempi più ragionevoli, dimezzati (scheda gialla): se vince il si tagliano a metà i tempi per ottenerla, da dieci a cinque anni di residenza regolare di uno straniero, e, una volta ottenuta, questa potrebbe essere trasmessa ai figli minorenni. La riforma riguarderebbe almeno 2,3 milioni di persone che vivono e lavorano qui da noi, provenienti da un Paese extra UE.

Più nel dettaglio ci si propone di modificare l’articolo 9 della legge 91 del 1992, con cui si è alzato il termine di soggiorno legale ininterrotto nel nostro Paese per poter presentare la domanda di cittadinanza. Il quesito referendario comunque non modifica gli altri requisiti per ottenere la cittadinanza italiana: residenza legale continuativa e ininterrotta, conoscenza dell’italiano, reddito stabile, non aver commesso reati.

Tuttavia forse occorrerà fare i conti con la nuova normativa sull’argomento, appena approvata, ma solo dal Senato, per la quale, fra l’altro, la cittadinanza non si trasmette automaticamente ai nati all’estero in possesso di altra cittadinanza. Inoltre viene precluso il riconoscimento di questa anche ai nati all’estero prima dell’entrata in vigore della legge: vedremo.

Rimbocchiamoci le maniche, ognuno come sa e può, e cogliamo questa importante occasione per migliorare la qualità della vita – in una Repubblica fondata sul lavoro – ai cittadini e a chi non ha voce ma ama il nostro Paese, in cui vive e lavora.

Mario di Giovanni

Napoli, 16 maggio 2025